CHIP TECH

Le sanzioni sulle componenti tech, come i microchip, mettono in crisi lo sforzo bellico di Mosca

Mar 19, 2024

Non solo guerra per il gas, ma anche guerra per i microchip. Le sanzioni seguite all'invasione dell'Ucraina starebbero strangolando Mosca sui secondi, mentre l'Occidente è in affanno sul gas.

Le super potenze mondiali sempre più costrette a fare i conti con la "lista della spesa" come il Cremlino che avrebbe redatto liste di semiconduttori, trasformatori, connettori, involucri, transistor, isolatori e altri componenti importanti per protare avanti lo sforzo bellico e riuscire a vincere la guerra contro la “nazificazione” dell'Occidente. Il problema è che i microchip sono realizzati, per la maggior parte, da Stati Uniti, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito, Taiwan e Giappone.

L'inchiesta è redatta da Politico che dice di aver visto una delle numerose "liste della spesa" russe che starebbero mettendo in crisi il Cremlino.

Nella lista prima di tutto i microchip, secondo gli esperti, assunte a vero e proprio “nuovo petrolio”, di cui si avverte una carenza a livello globale, ma che starebbe prendendo alla gola soprattutto Vladimir Putin. Secondo il quotidiano statunitense online dopo sei mesi dall' invasione dell'Ucraina, la Russia è soffocata da un grave deficit tecnologico inflitto dalle sanzioni. Le nuove sanzioni si aggiungono ad anni di controlli più severi sulle vendite di chip - che spesso rientrano tra i "beni a duplice uso" perché utilizzati allo stesso modo in applicazioni militari e civili - nell'ambito di accordi internazionali come l'accordo di Wassenaar e della recente legge dell'UE . 

"Parte dell'obiettivo delle sanzioni è quello di rallentare l'approvvigionamento di componenti ad alta tecnologia e, in sostanza, ridurre la capacità dei russi di utilizzare questa roba di fascia alta, quindi dovranno fare sempre più affidamento su apparecchiature obsolete", ha detto James Byrne, direttore dell'intelligence e dell'analisi open source presso il think tank RUSI per la difesa e la sicurezza.

Non è un mistero che i soldati di Mosca abbiano usato antiche scorte tra munizioni e tank dell'era sovietica, mentre le forze ucraine sostenute dall'Occidente stanno resistendo invertendo la rotta sulla controffensiva a Sud mirata ai depositi di munizioni e alle infrastrutture chiave, come i ponti e rendendo la vita impossibile agli invasori. 

Per quanto riguarda le armi più sofisticate come i missili ipersonici, “sono quelli che hanno precisione e accuratezza grazie ai microchip. Ma a causa delle sanzioni imposte alla Russia, le consegne di queste apparecchiature si sono fermate e non hanno modo di ricostituire queste scorte”, ha detto il primo ministro ucraino Denys Shmyhal sottolineando che la guerra è arrivata a un punto di svolta, in cui il vantaggio tecnologico si sta rivelando decisivo.

Kiev è convinta che l'esito della guerra dipenderà anche dal fatto che la Russia troverà un modo per riottenere l'accesso ai chip high-tech, e vuole assicurarsi che non riesca nell'impresa e per questo chiede alla comunità internazionale di elevare le sanzioni e monitorare il loro processo. 

Negli ultimi anni il Cremlino ha fatto affidamento su attori chiave negli Stati Uniti, nell'UE e in Giappone per i semiconduttori come fornitori, ora non più disponibili a trattare. Le cose potrebbero funzionare solo se la Cina, facendo da intermediaria, dovesse acquistare tecnologie per poi rivenderle a Mosca e chissà a quale prezzo. Pechino in fondo ha promesso fedeltà ai vicini russi, e ha già fornito al paese esportazioni di veicoli fuoristrada per il personale di comando, oltre a componenti di droni e motori navali. Ma il "traffico" di materiali tecnologici è sempre più al centro delle preoccupazioni internazionali che adopera ogni mezzo per il controllo delle vendite anche di contrabbando. Va detto che entrambi i paesi asiatici, Russia e Cina, non sono ancora in grado di produrre autonomamente queste componenti.

"E' probabile che la Russia abbia acquistato scorte di microchip occidentali e altre apparecchiature essenziali per anni, ma ora potrebbe essere in esaurimento", ha aggiunto Byrne. E le sanzioni gli renderanno le cose più difficili. Quindi dovranno dare priorità al problema, ed è per questo che stiamo vedendo questi documenti, perchè pensiamo che si stiano affrettando per assicurarsi i rifornimenti".

Secondo controlli di intelligence, i russi hanno vari modi per acquisire beni fondamentali, che vanno dall'acquisto su mercati online non regolamentati all'utilizzo di negozi di terze parti e società di cassette postali per contrabbandare kit high-tech nel paese. Una prassi cara ai regimi autoritari come ad esempio Corea del Nord e Iran che hanno accumulato anni di esperienza per aggirare le sanzioni. La stessa routine che riguardava l'Unione Sovietica durante la Guerra Fredda. E ha lunghi confini con i paesi vicini e una vasta rete di stati alleati con cui lavorare.

“La Russia è così disperata per i semiconduttori che, ha fatto ricorso a rimuovere i microchip da lavastoviglie e frigoriferi per utilizzarli nella sua attrezzatura militare”, ha rimarcato il segretario al Commercio degli Stati Uniti Gina Raimondo. Un'indagine di Reuters con la RUSI ad agosto ha mostrato che componenti di aziende tecnologiche statunitensi e occidentali erano ancora diffuse nell'equipaggiamento militare russo trovato sul campo di battaglia.

Secondo Formiche.net l'amministrazione Biden non vuole essere più complice delle violazioni compiute dai governi autoritari, volendo perseverare il valore etico alla base del dettato democratico. La vendita di microchip non aveva niente di illegale, ma i fini per cui soprattutto la Cina li utilizzava erano soprattutto bellici (armi e aerei) e di controllo. Andava pertanto imposto un limite all’export, nonostante Biden conosca il rischio boomerang per le sue aziende. 

Taipei, complice la recente “rumorosa” visita di Pelosi,  ha mostrato al mondo di essere pronta a collaborare per realizzare i suoi semiconduttori “per la democrazia” a stelle e strisce. Per Washington è un’ottima notizia, che cementifica l’alleanza, mentre Pechino e Mosca vedranno ridursi le vendite di chip dagli Stati Uniti.  La Taiwan Semiconductor Manufacturing, tra le più grandi aziende produttrici di semiconduttori da cui dipende mezzo mondo, sta infatti portando avanti un progetto da 12 miliardi di dollari in Arizona per la costruzione di un suo stabilimento su suolo americano.  

Riuscirà Mosca a soddisfare la sua lista della spesa?

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